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https://www.rollingstone.it/artista/domenico-candellori/
Torozebu, giochi percussivi senza frontiere
Intervista a Clap! Clap! e Domenico Candellori
Rolling Stone
Un superproduttore incontra un grande musicista.
Il risultato è un disco di sole percussioni in cui «c’è tutta la tecnologia del mondo, ma anche le mani e il legno».
DI
MATTIA BARRIO
Black Acre Records - 2022
Torozebu è il nuovo album di Domenico Candellori e Domenico Crisci, in arte Clap! Clap! (già noto come Digi G’alessio). Si rinnova così il sodalizio artistico tra i due musicisti, che in precedenza avevano collaborato per Southern Dub (2020), singolo contenuto nel disco di quest’ultimo, Liquid Portraits. Il progetto è composto da otto tracce che uniscono sound tradizionale dalla forte trazione percussiva alla produzione per la quale Crisci si è fatto un nome in questi anni a livello internazionale (tra le sue collaborazioni anche quella con Paul Simon). Per la realizzazione del progetto, Candellori e Crisci hanno re-immaginato ritmi di differenti culture, prendendo innanzitutto ispirazione da una molteplicità di produttori e sound engineer. Citando espressamente il percussionista nigeriano Michael Babatunde Olatunji e lo statunitense Mike Dean e sbandierando una collisione tra passato e futuri possibili dei “ritmi globali”, Torozebu è dunque un crocevia di molteplici influenze in questo senso, che viaggiano dai ritmi arabi a quelli afro-latini, dagli afrocubani ai mediorientali, senza dimenticare i ritmi del Mediterraneo. In questo senso, la sfida del progetto è stata mantenere le diverse anime culturali senza snaturarle o farle scontrare tra loro, creando un sound riconoscibile, originale, con un approccio (inevitabilmente) da producer.






Pubblicato il 25 febbraio 2022 per Black Acre, Torozebu è il nuovo album di
Domenico Candellori e Cristiano Crisci, in arte CLAP! CLAP!.
Si rinnova così il sodalizio artistico tra i due musicisti, che in precedenza avevano collaborato per Southern Dub (2020), singolo contenuto nel disco di quest’ultimo, Liquid Portraits.
Il progetto è composto da otto tracce che uniscono sound tradizionale dalla forte trazione percussiva alla produzione per la quale Crisci si è fatto un nome in questi anni a livello internazionale (tra le sue collaborazioni anche quella con Paul Simon). Per la realizzazione del progetto, Candellori e Crisci hanno re-immaginato ritmi di differenti culture, prendendo innanzitutto ispirazione da una molteplicità di produttori e sound engineer. Citando espressamente il percussionista nigeriano Michael Babatunde Olatunji e lo statunitense Mike Dean e sbandierando una collisione tra passato e futuri possibili dei “ritmi globali”, Torozebu è dunque un crocevia di molteplici influenze in questo senso, che viaggiano dai ritmi arabi a quelli afro-latini, dagli afrocubani ai mediorientali, senza dimenticare i ritmi del Mediterraneo. In questo senso, la sfida del progetto è stata mantenere le diverse anime culturali senza snaturarle o farle scontrare tra loro, creando un sound riconoscibile, originale, con un approccio (inevitabilmente


CLAP! CLAP! e Domenico Candellori insieme in TOROZEBU
Il nuovo album esce oggi 25 febbraio per Black Acre. Disponibile in vinile e digitale.
Dalla collisione tra passato e futuro una nuova galassia dal sound globale, ancestrale e ipnotico.
Dopo la straordinaria collaborazione per il singolo Southern Dub, questa volta si fa sul serio.
Clap! Clap! torna a unirsi con il talento del percussionista Domenico Candellori e insieme firmano “TOROZEBU”: il nuovo disco in uscita oggi 25 febbraio per Black Acre, in vinile e digitale.
Otto tracce in bilico tra sound tradizionale e le tecnologie più all’avanguardia. Un ventaglio di ispirazioni che viaggiano da Michael Babatunde Olatunji, il grande percussionista nigeriano che ha fatto innamorare l’America dei ritmi africani, fino ad arrivare al leggendario e visionario produttore statunitense Mike Dean.
Lo sforzo principale per “TOROZEBU” – spiegano i due artisti – è stato quello di lavorare alla ricerca dei ritmi delle diverse culture. Grazie alla profonda conoscenza di Domenico e all’estro creativo di Clap! Clap! l’album è un crocevia di diverse influenze: un vero e proprio viaggio tra i ritmi dal mondo arabo, il sound afro-latino, le tradizioni afrocubane e mediorientali. Il tutto unito al loro naturale tocco mediterraneo.
L’aspetto più difficile del progetto discografico è stato mantenere le diverse anime culturali senza snaturarle o scontrarle tra loro, creando un suono riconoscibile e allo stesso tempo originale.
“In alcuni pezzi – spiega Clap! Clap! – puoi sentire un suono simile a una drum machine 808 BD, ma in realtà è un tamburo surdo passato attraverso un sacco di compressori ed equalizzatori. Tutte le sottofrequenze in questo lavoro sono realizzate con pelli a percussione”.
Domenico entra nel dettaglio della strumentazione: “Solo per citarne alcuni, abbiamo usato tamburi tradizionali africani come il dundun, il djembe e il talking drum; molte percussioni afrocubane come la conga, i bonghi e i timbales; percussioni mediterranee come il tamburello, la tammorra, il bendir; e mediorientali come la Darbuka e il Riqq”.
TOROZEBU è una collisione tra due universi sonori: passato e futuro si fondono in una nuova galassia animata da un ritmo globale, ancestrale e ipnotico.
Suoni Jazz - blogfoolk magazine
"...un disco di grande spessore che entra di diritto tra i lavori più intensi ed originali di quest’anno.un disco di grande spessore che entra di diritto tra i lavori più intensi ed originali di quest’anno"
(Salvatore Esposito)
TRIAT
IN A DENSE FOG
(Paesaggi Acustici/RaRa Records, 2017)
Jazz Convention
"...considerando l’originalità di suoni e soluzioni davvero particolari che fanno comunque di questo lavoro un oggetto abbastanza raro, musicalmente parlando, e degno di essere ascoltato e riascoltato.."
(Fabio Ciminiera)
S&M Strumenti e Musica
"In A Dense Fog è un album che scuote l’anima, dagli innumerevoli riferimenti alla world music e alla musica etnica, ricco di contenuti assai profondi, in cui i protagonisti non ostentano minimamente (e scientemente) la loro abilità tecnica, bensì puntano dritto su un sound di gruppo decisamente riconoscibile e, specialmente, su un’autenticità comunicativa palpabile"
(Stefano Dentice)


Suoni Jazz - blogfoolk magazine
Nato dall’incontro tra il raffinato polistrumentista Gionni Di Clemente (chitarra dieci corde, oud, bouzuki, pedal effects), Domenico Candellori (batteria, percussioni e synth drum), Giuseppe Franchellucci (violoncello, pedal effects) e Greg Burk (moog e tastiere) il progetto Triat vede protagonisti quattro strumentisti dalla diversa estrazione artistica, accomunati dalla medesima esigenza di esplorare i confini, siano essi geografici, musicali o spirituali. Andare oltre, superare le barriere, abbattere muri, non perdendo mai di vista il punto da cui si è partiti, quell’ideale ponte che conduce alla scoperta. In questo senso, come scrive Fabio Ciminiera nelle note di copertina, significativo è anche l’assetto della formazione: “una compagine aperta e senza schemi precostituiti, un impasto timbrico che unisce la modernità dell’elettronica e il senso ancestrale di corde, percussioni e voci. E, ancor di più, tutti i protagonisti coinvolti nel disco condividono un’attitudine spontanea nel manipolare e miscelare il senso del suono, alla ricerca delle reazioni emotive e razionali”. Composto da dodici brani firmati da Di Clemente, il disco si caratterizza per un originale intreccio sonoro che mescola elettronica, contemporanea, world music e jazz, il tutto impreziosito dall’inconfondibile approccio alla ricerca dei dischi progressive degli anni Settanta, e da una peculiare cura per le timbriche. Durante l’ascolto si spazia attraverso strutture musicali cantabili ed evocative, guidate dall’interplay tra chitarra e violoncello, ed intercalate da spaccati improvvisativi in cui più marcata è la tensione verso la sperimentazione sonora. Ogni brano si evolve in dinamiche circolari, quasi ipnotiche che esaltano l’intrinseca connotazione modale delle architetture sonore, mettendo in evidenza riflessi e suggestioni sempre diverse. Si compone, così, una narrazione musicale densa di evocazioni e meditazioni nelle quali Di Clemente, dividendosi tra bouzuki, chitarra e oud, conduce l’ascoltatore ad esplorare i confini tra micro e macrocosmo, corpo e spirito, cielo e terra. Aperto dalle trame sinuose della splendida “Subtera”, in cui spiccano la voce di Ljuba De Angelis e il theremin di Valeria Sturba, l’album ci conduce attraverso gli echi di musica mediorientale della fascinosa “Afida” nella quale brilla il filicorno di Samuele Garofoli, per giungere alla potenza immaginifica di “Roaring Waves” e all’ipnotica “Magmatea”. La superba “Porte Scee”, nella quale risalta la voce di Vincenzo Vasi, e “Danza degli Spiriti” completano un disco di grande spessore che entra di diritto tra i lavori più intensi ed originali di quest’anno.
Salvatore Esposito
Strumenti e Musica
Dipinti sonori visionari, ipnotici, che rappresentano una sorta di singolare e stimolante continuum tra antichità e contemporaneità. In A Dense Fog è la nuova fatica discografica firmata Triat, interessante formazione costituita da Giuseppe Franchellucci (violoncello ed elettronica), Gionni Di Clemente (chitarra, oud, bouzouki ed elettronica), Greg Burk (moog e tastiere) e Domenico Candellori (batteria, percussioni e synth drum) ai quali si integrano, in veste di ospiti, Ljuba De Angelis (voce in Subtera), Vincenzo Vasi (voce in Porte Scee), Samuele Garofoli (tromba e flicorno in In A Dense Fog, Afida, Magmatea, The Taste Of Rain e Danza Degli Spiriti) e Valeria Sturba (theremin in Subtera). I dodici brani presenti nel CD sono frutto dell’ubertosità compositiva di Di Clemente. In A Dense Fog, seconda traccia del disco, è densa di pathos evocativo. L’elocuzione del chitarrista è breve, ma intensamente passionale. Roaring Waves è una composizione dal mood immaginifico, che immerge la mente dell’ascoltatore in un habitat cosmico. Qui le carezzevoli linee intessute da Di Clemente e Franchellucci sono imperlate dagli eterei pad elettronici. Il climax di Danza Degli Spiriti è decisamente enigmatico, ma al contempo intrigante e inquietante, nonché colmo di maliarde dissonanze. L’incedere di Garofoli è conciso, pregno di trasporto emotivo. In A Dense Fog è un album che scuote l’anima, dagli innumerevoli riferimenti alla world music e alla musica etnica, ricco di contenuti assai profondi, in cui i protagonisti non ostentano minimamente (e scientemente) la loro abilità tecnica, bensì puntano dritto su un sound di gruppo decisamente riconoscibile e, specialmente, su un’autenticità comunicativa palpabile.
Stefano Dentice

